Quale è lo stato della rete Internet in Italia nell’anno 2008? Con una ricca agenda di temi trattati in due giorni da relatori di rilievo nazionale ed internazionale, si è tentato di dare una risposta a questa domanda durante la conferenza STATEoftheNET, tenuta ad Udine l’8 ed il 9 febbraio 2008.
Non abbiamo dovuto aspettare troppo per la risposta. Stefano Quintarelli, nella prima sessione, ha fatto notare che solo il 22% degli Italiani utilizzano la banda larga, ormai un requisito davvero indispensabile per partecipare appieno al mondo di Internet. Negli Stati Uniti si arriva al 55% degli Americani per non parlare poi di alcuni paesi che arrivano a livelli ancora più alti. In effetti il 78% degli Italiani rimane tagliato fuori da tutto quello che la rete può offrire, dalle informazioni alla partecipazione attiva nelle discussioni di attualità. Alcuni sono tagliati fuori per via della mancanza di un mandato per un servizio universale – non arriva la banda (il cosiddetto digital divide), ma probabilmente la maggior parte delle persone che non sono in rete non percepiscono ancora con precisione il valore di tutto ciò che l’Internet può offrire.
È necessario che il resto della conferenza venga visto in quest’ottica – le élites di Internet hanno riflettuto sui comportamenti o meno di una piccola percentuale degli Italiani. Questo offre uno spunto interessante per la prossima edizione: è possibile aiutare un maggior numero di Italiani a scoprire il mondo vasto di Internet? Nei fatti, ci sono già alcune iniziative, come i PAAS (Punti per l’Accesso Assistito ai Servizi e a internet) in Toscana, per citarne una.
In qualche modo tutti gli interventi sono stati stimolanti sia per la varietà degli argomenti sia per i relatori scelti. Basti pensare alle provocazioni di Gaspar Torriero (scandite con calma – una lezione per tutti noi che dobbiamo ogni tanto parlare davanti ad un pubblico). O pensiamo all’attrice Marina Remi, che ha scoperto da poco il blog come strumento di comunicazione di lavoro. Mauro Migliavada ha fatto un lavoro ottimale nel documentare alcune delle sessioni – potete consultare il suo sito per i dettagli sugli interventi specifici. Altri saranno elencati di sicuro su Technorati.
Gli organizzatori, Beniamino Pagliaro, Paolo Valdemarin e Sergio Maistrello, meritano la lode ed il plauso per una conferenza ben riuscita nonostante essa sia alla sua prima edizione. Hanno dato un esempio molto concreto per tutti i presenti: in Italia, si può….
Come succede di solito in queste conferenze, sono anche le nuove persone conosciute e quelle riviste dopo molto tempo che rendono l’intera esperienza ancora più ricca. State of the Net si è dimostrata un successo anche sotto questo punto di vista.
Nello spirito del miglioramento, segnalo tre aree che, a mio modesto avviso, meritano un po’ di riflessione per l’impostazione della seconda edizione, senza niente togliere al successo della prima edizione.
- Il luogo. Udine è stata molto ospitale e il sostegno attivo dalla Regione Friuli Venezia Giulia ha indubbiamente contribuito al successo dell’evento. Ma il momento che si decide di tenere un convegno fuori dall’asse Roma – Firenze – Bologna – Milano, si escludono conseguentemente molti partecipanti potenziali. Forse va bene così, anche per aprire le porte a persone che non fanno parte degli stessi giri. In ogni caso, c’erano meno di 100 persone presenti il secondo giorno, un vero peccato, se si pensa alla qualità dei relatori, l’importanza della rete Internet e gli sforzi fatti dagli organizzatori.
- La lingua. Si è optato per una conferenza tenuta in italiano, passando all’inglese solo quando un relatore straniero era presente sul palcoscenico. In un caso, vi è stato un relatore che ha fatto la sua presentazione in italiano nonostante egli fosse affiancato da uno straniero, con il risultato imbarazzante che il relatore di lingua inglese ha ammesso pubblicamente di non aver potuto seguire niente del lungo intervento precedente e si è scusato quindi per eventuali sovrapposizioni/ripetizioni. I relatori che non parlano italiano non hanno potuto seguire le sessioni tenute solo in italiano e sono stati quindi privati di informazioni potenzialmente utili per le loro presentazioni. E, nei fatti, non tutti gli Italiani hanno una buona padronanza dell’inglese – con il risultato che questi non hanno potuto sempre capire fino in fondo gli interventi fatti in inglese. Mi sembra che l’unica soluzione realistica sia la traduzione simultanea – che, se fatta bene, costa. La traduzione simultanea probabilmente toglierà un po’ della spontaneità degli interventi. L’opzione di una conferenza tenuta solamente in inglese potrebbe andar bene in alcuni paesi, ma sembra un po’ troppo limitante per l’Italia.
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La “segregazione”. I relatori erano, probabilmente in modo inconsapevole, spesso “segregati” dal pubblico, con posti riservati nelle prime file e con uno spazio a parte per i vari break (o così mi è parso). Da un certo punto di vista, si tratta di una situazione comprensibile. Stiamo parlando di persone riconosciute come esperti nei loro campi, persone che hanno fatto dei sacrifici per essere presenti al convegno – quindi c’era la sacrosanta intenzione degli organizzatori di trattarli con un occhio di riguardo.
Ho notato inoltre che ci sono state solo poche domande fatte dai giovani presenti, nonostante la loro forte presenza venerdì. I momenti informali fra le sessioni sono opportunità preziose per i più timidi (talvolta anche solo per non fare una brutta figura con l’inglese) per farsi avanti con le loro domande senza sentirsi a disagio.
In un certo senso, ciascuno di questi tre punti tocca un tema – il rischio è che una conferenza di questo tipo diventi troppo autoreferenziale. Sarebbe un vero peccato visto il successo già avuto con questa prima edizione.
Come ultimo spunto, è stato interessante sentire poche discussioni sul ruolo dei motori di ricerca nel web, dato il loro ruolo come punto di partenza per trovare informazioni sul web. Ancora di più quando si pensa che detiene il monopolio in questo settore nei mercati dell’Europa Occidentale, una cosa che non cambierà, almeno a breve, anche se Microsoft acquisterà Yahoo!. Come professionista del posizionamento nei motori di ricerca, si tende a dimenticare che non tutti sono ossessionati dalla classifica di siti in !
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1 risposta finora ↓
1 Francesco // 15 Feb 2008 alle 12.19.09
Grazie per la bella analisi che mi ha permesso di assaporare almeno un po’ dell’atmosfera di SotN.
Concordo pienamente sul secondo e terzo punto. In Italia l’inglese non lo sanno né gli adulti né, cosa ancora più grave, i giovani e questo rende davvero difficile sia organizzare che far partecipare molte persone, ad eventi di ampio respiro internazionale su suolo Italiano. Mi stupisce, inoltre, il fatto che non fosse stata prevista una traduzione per i relatori inglesi e/o che i relatori italiani abbiano parlato in italiano in presenza di inglesi. Scorretto oltre che imbarazzante.
Vera anche la tua terza osservazione sulla “segregazione” che è anch’essa tipica dell’Italia, molto attaccata alla forma e ai titoli, molto meno attenta, invece, alla sostanza e al merito. Quando ho avuto modo di partecipare ad eventi internazionali le persone “famose” e quelle “comuni” erano mischiate ed era facile imbattersi in relatori importanti. Ricordo con piacere quando quasi per caso ho chiaccherato per qualche minuto con Robert Scoble a Parigi.
In Italia c’è invece sempre la tendenza a tracciare una linea di confine molto rigida tra “chi parla” e “chi ascolta”, molto attenti ad evitare contaminazioni gli uni con gli altri…
Mi trovi, infine, pienamente d’accordo col tuo monito iniziale che peraltro è quello che dico sempre io quando parlo di Web 2.o e/o Second Life a vari eventi. Noi stiamo qua a fare grandi discorsi su tecnologie di frontiera, ma dobbiamo renderci conto che la maggioranza della popolazione, giovani compresi, qui in Italia a malapena usa internet per chattare su MSN e mandare un paio di email.
Sono cose da tenere bene a mente perchè, soprattutto se si intende fare business in questo campo, è fondamentale tenere i piedi saldamente per terra.
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