In alcuni paesi, un inserzionista di Google AdWords può far apparire un suo annuncio quando una ricerca viene fatta su di un marchio registrato, anche se egli non è il proprietario del marchio. L’annuncio in sé non può contenere il marchio; il marchio viene specificato solo nelle parole chiave “dietro le quinte” per far uscire l’annuncio durante una ricerca (o su una pagina che impiega Google AdSense, ecc).
Attualmente questa possibilità si limita agli Stati Uniti, Canada e Regno Unito. In altri paesi, Italia compresa, Google non consente di specificare marchi registrati di qualcun altro nei testi degli annunci e neppure nelle parole chiave associate, senza il consenso del proprietario del marchio. Ma nei fatti, Google lascia a suoi inserzionisti un auto-regolamento. Nella sua documentazione, Google specifica “chiaramente che gli inserzionisti sono responsabili per le parole chiave e per il testo degli annunci pubblicati su Google“1.
Con un quadro dove si possono fare offerte sui marchi degli altri, nei paesi consentiti o finché uno non viene “beccato”, ne vale davvero la pena? Io credo di no. Ecco le mie considerazioni:
Considerazioni etiche
È corretto pagare per abbinare i tuoi prodotti e/o servizi a quelli di un concorrente quando qualcuno, con la propria ricerca, ha specificato in bianco e nero i prodotti o servizi del concorrente? Se la risposta non è chiara, invertiamo la domanda: è giusto che il tuo concorrente tenti di sottrarti clienti potenziali, approfittando del tuo buon nome?
Considerazioni di immagine
Visto con gli occhi di terzi, gli annunci per i prodotti e/o servizi di concorrenti possono sembrare strani, come un comportamento scorretto, sleale. Un comportamento da parte di un’azienda da evitare. Che valore ha l’immagine della tua azienda? Così poco?
Il rapporto difficile fra costi e benefici
Annunci per prodotti e servizi alternativi al marchio cercato da un utente in un motore di ricerca corrono il rischio di essere ignorati. I professionisti di AdWords sanno che molte impressions e pochi clic significano un punteggio (quality score) basso ed un costo elevato che andrà a crescere. Un motivo in più per evitare questa tentazione.
Un caso dove il gioco vale la candela?
Un caso che richiede una doverosa riflessione è quello in cui un marchio è diventato sinonimo nella lingua comune per il nome di un prodotto o servizio. Tipo “Scotch ®” per “Nastro adesivo”. Nei paesi in cui Google consente l’utilizzo di marchi nella specifica di parole chiave per innescare un annuncio, non direi “mai” subito. Sarebbe proprio da valutare il caso specifico.
Un tuo concorrente sta utilizzano in modo improprio i tuoi marchi nella pubblicità AdWords?
Se un tuo concorrente sta utilizzando un tuo marchio o per far apparire il suo annuncio o, addirittura, nell’annuncio, puoi chiedere a lui e/o a Google di desistere.
Ma prima devi congratularti del fatto che gli altri siano disposti a pagare per associare i loro prodotti e/o servizi a quelli della tua azienda! E non dimenticare il trattamento diverso riservato agli Stati Uniti, Canada e Regno Unito.
La politica Google nota che “Google incoraggia i titolari dei marchi a risolvere eventuali controversie direttamente con gli inserzionisti, in particolare perché questi ultimi potrebbero pubblicare lo stesso annuncio anche su altri siti. Tuttavia, a titolo di cortesia nei confronti dei titolari dei marchi, siamo disposti a eseguire verifiche circoscritte a seguito di ragionevoli reclami.“
Quindi il problema è tuo, ma forse, con un po’ di fortuna, Google, che controlla la piattaforma dove si verifica l’uso improprio e con un guadagno da esso derivante, ti viene incontro. C’è una e da aspettare.
Alcune aziende scelgono di sottolineare che i loro prodotti e/o servizi sono gli originali e decidono di avviare i navigatori alla buona norma del “diffidare dalle imitazioni” attraverso la presenza organica in Google e/o con annunci AdWords in concorrenza con gli avversarsi.
1 Per maggiori informazioni, consultate la documentazione Google: e
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